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Itinerario "Mafioso"

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One Sicilia - Itinerario "Mafioso"
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Tralasciando gli aspetti morbosi legati a luoghi e fatti di cronaca nera, ecco un itinerario per capire, le origini di un fenomeno che bolla con un marchio infame la bella terra di Sicilia.
Pochissimi sanno che la parola mafia appare per la prima volta in un rapporto di polizia redatto a Carini nel 1863 e deriva dal toscano maffia (miseria, ostentazione vistosa), parola che per un tipico fenomeno di affievolimento fonetico, in siciliano diventa mafia, fenomeno che nasce dall’incontro tra la cultura dei Sicani e quella degli Svevi.
I Sicani, antichissima popolazione indigena di agricoltori, conseguentemente alle varie invasioni dell’isola iniziate da Fenici e Greci furono sospinti in aree sempre più anguste della Sicilia occidentale ove vivevano isolati e ancorati alle proprie leggi, istituzioni, culti e tradizioni.
Il prolungato isolamento, unito ad uno spiccato senso d’indipendenza e di atavica fierezza, aveva reso questo popolo diffidente e chiuso verso tutto ciò che di nuovo proveniva dall’esterno, e l’aveva fatto legare in maniera quasi maniacale al territorio.
Nel 1194 lo svevo Enrico VI, Sacro Romano Imperatore, facendo valere i diritti della moglie, Costanza d’Altavilla figlia di Ruggero II, cinse la corona del Regno. Con il suo seguito arrivarono in Sicilia anche i rappresentanti di una setta sveva chiamata "Santa Vehme", la quale in nome e per conto dei suoi membri applicava il diritto medievale di vendicarsi in proprio dei torti subiti punendo potenti e prepotenti che si macchiavano di efferati delitti o di azioni odiose.
A Palermo, capitale del Regno, ove più numerosi e frequenti erano i contatti tra Siciliani e Svevi, la Santa Vehme trovò terreno fertile nell’antichissima cultura sicana non tardando a fare adepti fra i locali.
Dalla fusione tra le peculiarità sicane (territorialità, oscurantismo, libido di potere, maschilismo etc.) e i principi della Santa Vehme (faida, mutuo soccorso e segretezza assoluta) nasce la prima organizzazione mafiosa. Dapprima sotto forma di "Lega di li Vindicusi", che è poco più di un adattamento locale dell’associazione sveva la quale viene perfezionata tra il 1282 e il 1412, durante il periodo Aragonese.
Infatti, come già era successo con gli svevi, a partire dai 1282, iniziò tra Siciliani e Spagnoli una sorta di osmosi che - come confermano i bandi quasi uguali emessi dalle autorità spagnole, nei primi decenni del XV secolo contro le onorate società di Palermo e Toledo (cardunas) - include anche la mafia
Il germe della mafia, incubatosi nel 1194, raggiunse la sua maturazione sotto l’influenza spagnola sviluppandosi nei secoli fino al punto di trasformare l’Inquisizione in un carrozzone capace di dare lavoro a 24.000 persone (1577), oppure manifestandosi nelle regole della setta segreta dei "Beati Paoli" (XVIII sec.) e in ambito "feudale", fino agli anni ’50, assicurando giustizia e ordine alla "sua" gente, e poiché per farlo commetteva anche delitti, in cambio la gente lo proteggeva col silenzio. Poi la libido di potere ha spinto la mafia alla degenerazione di oggi facendola definitivamente precipitare in un abisso.
Sulla base di tutto ciò Vi proponiamo un itinerario "mafioso" che, ripercorrendo la storia del fenomeno in Sicilia, giunge in luoghi e località ove cultura e arte hanno avuto e continuano ad avere ampio spazio nonostante eventi delittuosi ne abbiano offuscato la dovuta importanza.
Prendendo il via dalla Palermo medievale, passando per quella settecentesca dei Beati Paoli e di Cagliostro, si scopre che i centri urbani dell’hinterland palermitano oltre che patria di famosi boss sono luoghi ove storia e arte si fondono con risultati eccelsi.

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